"Con l'intesa di oggi in Conferenza Stato-Regioni nasce l'Ospedale di Comunità. E' una conquista sociale molto attesa che caratterizzerà in meglio il nostro servizio sanitario". Lo ha annunciato il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini. "Sarà una struttura di ricovero breve - aggiunge - per quei pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minori o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica". L'ospedale di comunità svolgerà, dunque, una "funzione intermedia tra la cura domiciliare e il ricovero ospedaliero". "Con questa intesa abbiamo definito i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l'autorizzazione all'esercizio degli Ospedali di comunità pubblici o privati - sottolinea Bonaccini -. Era un traguardo già fissato nel Patto per la salute 2014-2016 che ora viene raggiunto grazie all'intenso lavoro congiunto delle Regioni e del Governo".

Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione degli Ordini degli infermieri (Fnopi), accoglie con favore l'intesa Stato-Regioni sull'ospedale di comunità, anello di congiunzione tra ospedale per acuti e territorio, previsto già dal regolamento sugli standard ospedalieri, dal Patto per la Salute 2014-2016 e dal Piano nazionale della cronicità, ma non ancora attuato. "L'aspetto più importante del nuovo documento sull'ospedale di comunità - sottolinea - è che la gestione e l'attività sono basate su un approccio multidisciplinare, multi professionale e interprofessionale, in cui sono assicurate collaborazione e integrazione delle competenze". Assieme all'infermiere di famiglia/comunità previsto e ufficialmente istituito nel Patto per la Salute 2019-2021, l'Ospedale di comunità "è la chiave del buon funzionamento del nuovo modello di assistenza che deve tenere in considerazione il peso sempre maggiore delle cronicità e, di conseguenza, la possibile necessità di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che sono ricoverati in queste strutture in mancanza di idoneità del domicilio e hanno bisogno di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, che non può essere garantita a casa del paziente".

Secondo Mangiacavalli si rende finalmente chiara la suddivisione delle competenze tra professioni che devono necessariamente interagire per soddisfare i bisogni di salute dei pazienti: la responsabilità assistenziale spetta all'infermiere secondo le proprie competenze e l'assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica è garantita nelle 24 ore.

"Di questo - aggiunge - ringraziamo assessori e ministero che hanno voluto l'affermazione e la realizzazione di un modello davvero multidisciplinare, nel concetto di parità delle professioni, ognuna responsabile nelle sue proprie funzioni, ma tutte orientate al soddisfacimento dei bisogni del cittadino e alla miglior tutela della sua salute. E ringraziamo in particolare il ministro Speranza, che ha sollecitato l'approvazione del provvedimento dopo uno stallo solo politico che con organizzazione e qualità del servizio non aveva nulla a che fare".

La responsabilità gestionale-organizzativa complessiva sarà assegnata a una figura individuata anche tra le professioni sanitarie dall'articolazione territoriale aziendale di riferimento. Il suo compito sarà di svolgere anche una funzione di collegamento con i responsabili sanitari, clinici e assistenziali, e la direzione aziendale. "Su questo gli infermieri vorranno essere protagonisti", afferma Mangiacavalli.

La responsabilità clinica invece è di un medico di medicina generale (pediatra di libera scelta se l'ospedale è pediatrico) oppure di un medico dipendente e le attività di coordinamento sono assicurate da un infermiere con funzioni di coordinamento per i moduli previsti per l'ospedale di comunità.

Bene l'intesa Stato-Regioni sull'ospedale di comunità, anche per il presidente Nursing Up Antonio De Palma che parla di "risposta importante alla richiesta di salute da parte dei cittadini, nonché trait d'union tra territori e cronicità in continuo aumento". "Meno bene - aggiunge però De Palma - accogliamo dalle Regioni la proposta sui percorsi per applicare gli incarichi di funzione professionali perché, pur costituendo un primo riconoscimento della professionalità e dell'alta qualificazione degli infermieri e delle altre professioni sanitarie, non affronta l'imbarazzante vulnus contrattuale della precarizzazione degli infermieri specialisti".
"Ci riserviamo di leggere approfonditamente il documento, ma per noi un percorso di carriera degno di questo nome - sottolinea - significa strutturare un percorso che riconosca al professionista un profilo contrattuale di specialista, quindi non un incarico a tempo determinato, come questo contratto stabilisce, per di più rimettendone a bando la posizione ogni 3,5 o 10 anni, ma la possibilità al professionista di immaginare la propria carriera strutturata, andando avanti con l'acquisizione di nuovi e più qualificati livelli di esercizio professionale, senza essere soggetti a continue selezioni nel corso tempo. Questa è carriera".

"Il nostro punto di vista rimane fortemente critico – spiega De Palma – e confermiamo ancora una volta, se mai fosse necessario, la nostra richiesta di percorsi di carriera analoghi a quelli dei medici, ciò comporterebbe che la parte pubblica si assumesse anche la responsabilità di riconoscere indennità di esclusiva e correlata possibilità di esercitare la libera professione".

dal Sole 24 Ore Enti Locali

21 Febbraio 2020