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Ultimissima di Fedir

PENSIONI: CRITICITA' E DISCRIMINAZIONI PER I DIRIGENTI DELLE FUNZIONI LOCALI

Ancora una volta il governo con la legge di bilancio 2024  è intervenuto sulla tormentata materia pensionistica sotto molteplici aspetti ed in danno dei lavoratori anziani come di quelli giovani rimodulando al ribasso i rendimenti pensionistici tanto degli uni quanto degli altri e allungando i tempi di permanenza in servizio attraverso l'anticipato ripristino della speranza di vita, l'allungamento di finestre e la riduzione degli assegni pensionistici nel caso dei pensionamenti anticipati.
Particolarmente penalizzanti sono state le nuove norme per noi iscritti alla CPDEL che si sommano alle gia numerose discriminazioni in tema di posticipazione dei tempi di pagamento della liquidazione (che INPS ancora non risolve nonostante due sentenze ammonitrici della Corte Costituzionale) e di disparità fiscali del welfare.
Di tutto ciò e delle iniziative anche giudiziarie da mettere in campo si parlerà nel convegno dal titolo 
LA PREVIDENZA E LA FISCALITÀ DEI DIPENDENTI PUBBLICI DOPO LA LEGGE DI BILANCIO. CRITICITÀ E DISCRIMINAZIONI
che si terrà  
GIOVEDÌ 28 MARZO 2024 
ORE 9.00 - 17.00 
PRESSO IL NOBILE COLLEGIO CHIMICO FARMACEUTICO 
VIA IN MIRANDA 10 ROMA
 
Scarica qui la locandina dell'evento  

Il reclutamento è importante per un’azienda ma non per il settore pubblico. Purtroppo. La politica ha sempre avuto un approccio clientelare verso le assunzioni nella Pa, mentre la dirigenza se ne è disinteressata per quieto vivere. Ma negli ultimi tempi è emersa un’attenzione sul reclutamento della Pa che non va sprecata.

Negli ultimi anni la Pa ha reclutato male, sia per il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato sia per la scarsa sensibilità sul tema. Nel frattempo ha utilizzato vecchie graduatorie, i lavoratori a termine che poi è stata costretta a stabilizzare, o ha fatto ricorso a leggi speciali, con scarsa attenzione ai profili e alle competenze.

Fare oggi dello Stato un “employer of last resort”, come chiedono alcuni, forse potrebbe aiutare nel breve l’occupazione giovanile, ma non farebbe altro che danneggiare ulteriormente la Pa che in passato ha spesso svolto il ruolo di ammortizzatore sociale. Negli anni ‘70 con la legge 285 del 1977, ma anche dopo con leggi speciali nazionali e regionali in deroga al concorso pubblico e da ultimo con le stabilizzazioni dei cosiddetti precari, ben quattro “sanatorie” negli ultimi 15 anni, o le assunzioni degli Lsu. Evergreen che tornano anche nell’ultima legge di bilancio. Tutto ciò ha contribuito a peggiorare l’immagine della Pa come datore di lavoro, importante per attrarre i talenti.

Quale motivazione, quale engagement e quali attitudini potremo avere se il reclutamento è guidato dal bisogno o dalla certezza del posto? Nelle classifiche sul best employer of choice raramente troviamo una Pa, se non la Banca d’Italia. Inoltre, nei fattori che portano a valutare un datore di lavoro come eccellente vi sono i seguenti elementi: percorsi di aggiornamento e formazione, welfare aziendale, brand reputation, equità e proporzionalità nelle politiche retributive, opportunità in termini di percorsi di carriera e di specializzazione. Assenti nella nostra amministrazione. Nell'ultimo rapporto sulla «Pa vista da chi la dirige» (PromoPa), sono gli stessi dirigenti a dire che l’immagine e la reputazione della Pa è peggiorata negli ultimi dieci anni (80%), che non hanno mezzi per svolgere il proprio ruolo (60%) e che non sono incentivati ad introdurre innovazioni (80%). Per quale motivo si dovrebbe scegliere di lavorare nel settore pubblico? Per il «posto fisso», direbbe qualche comico.

Gli obiettivi che abbiamo davanti dovrebbero far capire che abbiamo bisogno di culture nuove e di competenze trasversali, che il mercato del lavoro italiano offre. È sbagliato dire, soprattutto in questo momento, che occorrono tanti giovani laureati: 300 o 500mila. Numeri ingiustificabili, se teniamo conto dei processi di riorganizzazione e digitalizzazione. I giovani laureati sovente non hanno esperienza lavorativa, e sono quindi deboli nelle competenze di settore e ancor più in quelle trasversali, che si formano innanzitutto con l’esperienza. La Pa non è in grado di prevedere percorsi di formazione, con tirocini, tutor e formatori interni ed esperienze sul campo. Nè tanto meno è in grado di utilizzare il periodo di prova. Il corso concorso o il contratto di formazione lavoro, oggi marginali, potrebbero essere degli strumenti validi, se aggiornati, per assicurare un capitale umano qualificato. Inoltre, dato il profilo strategico del reclutamento, sarebbe il caso, come fanno oggi le grandi imprese, di investire in academy, nelle collaborazioni con le università o negli Its. In quest’ottica si colloca la disposizione della legge di bilancio che finanzia cento borse di studio per «promuovere e orientare le scelte professionali dei giovani verso il lavoro pubblico».

Per migliorare il reclutamento la Pa dovrebbe raccogliere più informazioni attraverso i bandi di concorso sul mercato del lavoro di riferimento e su quello potenziale, per capire chi è interessato a lavorare per la Pa: se ha mai lavorato, quali lavori ha svolto e per quanto tempo, le attitudini, se è disoccupato o neet e da quando. Nemmeno informazioni come l’età, il genere e i titoli di studio o la provenienza vengono oggi esaminate. Tutte informazioni basilari per mirare e migliorare quindi le procedure di reclutamento.

Usare la PA per assumere i giovani disoccupati pregiudicherebbe il buon funzionamento dell’amministrazione e i destini della nostra Next generation.

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