RIAPERTA IN ARAN LA SALA DEI CONTRATTI NAZIONALI

Oggi è stata avviata ufficialmente in ARAN con le Confederazioni Sindacali la stagione dei rinnovi contrattuali.

ARAN ha focalizzato nel trattamento accessorio, nel diverso assetto delle relazioni sindacali, nel diverso assetto del procedimento disciplinare (tutti modificati dal  dec leg.vo 75), nel welfare contrattuale e nella corposa manutenzione da effettuare sugli istituti delle assenze i temi che stanno particolarmente a cuore al datore di lavoro pubblico

Nella riunione dell'8 giugno scorso fra governo, ARAN ed i 2 comitati di settore delle Regioni/Sanità ed Enti Locali è stato dato il via libera alle trattative. L'atto di indirizzo del governo per le Funzioni Centrali sarà pronto entro una decina di giorni.

Si può quindi senz'altro procedere immediatamente solo per le funzioni centrali. Aran ha chiesto quindi alle Confederazioni come intendono procedere. L'alternativa è procedere solo per le funzioni centrali anche sui temi cornice di carattere generale che poi si ribaltano sugli altri comparti ed Aree di contrattazione oppure mantenere attivo il tavolo delle Confederazioni con il compito di definire il quadro delle norme comuni non oggetto di trattativa da parte dei singoli tavoli contrattuali. Aran ha chiesto quindi alle Confederazioni di esprimersi sulla scelta prima della pausa estiva.
Travia 

E' STATA  SENZ'ALTRO POSITIVA L’APERTURA DELLE TRATTATIVE, MA ATTENZIONE ALLA PROSSIMA LEGGE DI BILANCIO. 

La lunga pausa negoziale ha portato ad una situazione anomala: il finanziamento del contratto, ipotizzato nella direttiva Madia, deve essere ancora definito dalla prossima legge di bilancio. È, pertanto, indispensabile sorvegliare l’iter della legge contemporaneamente all’apertura delle trattative di ciascuna area.

La prossima legge di bilancio, oltre a rifinanziare i contratti, dovrà affrontare il nodo della detassazione e decontribuzione del salario accessorio. La stessa Direttiva Madia ammette che per quanto riguarda “regimi fiscali agevolati la loro eventuale estensione al servizio pubblico, determinando minor gettito erariale, necessita di un intervento di carattere legislativo”, smentendo alcune interpretazioni entusiastiche dell’accordo del 30 novembre 2016.

La detassazione è stato l’elemento decisivo per il varo dei contratti nel settore privato, sarebbe grave, discriminatorio e anticostituzionale, che tale previsione fosse negata ai dipendenti pubblici. 

Il servizio pubblico ha perso circa 300.000 posti di lavoro di cui 40.000 nel servizio sanitario (oltre 10.000 tra  medici, dirigenti sanitari e altri dirigenti) e il monte salari annuo si è ridotto di 11 miliardi: non si tratta pertanto di trovare nuove risorse, ma semplicemente di cessare il saccheggio di quelle già  esistenti nel sistema. 

Va difeso e consolidato il recupero delle progressioni economiche dei cessati come strumento di mantenimento della massa salariale e delle risorse a disposizione della contrattazione decentrata, come previsto nella bozza di atto di indirizzo peraltro non ancora ufficializzata. 

Preoccupante e inaccettabile la previsione che gli incentivi per la previdenza complementare, debbano essere finanziati dalle risorse contrattuali, mentre persistono gravi discriminazioni rispetto ai dipendenti privati sulla previdenza integrativa. 

Si tratta, pertanto di un contratto che necessariamente dovrà tener conto dell’evoluzione della legge di bilancio dalla quale dipende il reperimento delle risorse e l’agibilità di diritti fondamentali anche per i dipendenti pubblici.