Il Dl 44/1° aprile e l'occasione persa per le aree Pta del Ssn

Il Dl 44/1° aprile e l'occasione persa per le aree Pta del Ssn

  • È stato convertito il decreto legge 44 del 1° aprile scorso con alcune modifiche ma nessuna di quelle che erano apparse necessarie per rendere meno complicate le procedure sulle vaccinazioni obbligatorie di cui all’art. 4 e, soprattutto, per dare chiarezza alle aziende sanitarie sulle nuove disposizioni sui concorsi introdotte dall’art. 10. Nessun emendamento in tal senso è stato presentato, ritenendo evidentemente che i due articoli fossero lineari, chiari ed esigibili da parte di tutti i destinatari. Però in sede di conversione qualcuno ha considerato indispensabile modificare l’art. 10 con l'equipollenza del titolo di laurea magistrale in scienze delle religioni con i titoli di laurea magistrale in scienze storiche, in scienze filosofiche e in antropologia culturale ed etnologia (comma 1-bis) ma anche l'ambito temporale delle esperienze dirigenziali precedenti per la nomina di direttore generale delle aziende ed enti del S.s.n. (art. 10-quater); sulla "necessità ed urgenza" ma anche sulla attinenza alla materia di questi due emendamenti credo non sia il caso di fare alcun commento.
    In tema di emendamenti, invece, non è passato in Commissione quello che intendeva abrogare il comma 687 della legge 145/2018 che aveva generato molte polemiche, tanto da essere considerato un problema nella stesura della Preintesa del nuovo CCNQ del 15 aprile scorso. Ricordiamo brevemente quello che era successo.
    Il contratto quadro che provvede alla mappatura e all’articolazione dei comparti è un atto negoziale propedeutico all’apertura nelle trattative per il rinnovo del triennio contrattuale. Inoltre, nello specifico della questione, un aspetto da non sottovalutare era appunto quello della assoluta anomalia della disposizione che ha generato la problematica: si tratta del comma 687 della legge di Bilancio per il 2019 con il quale i dirigenti PTA del Servizio sanitario – collocati nel CCNL del 17.12.2020 dell’Area delle Funzioni locali con i colleghi delle Regioni e Autonomie locali – sarebbero dovuti tornare insieme alla dirigenza sanitaria con la quale hanno molte differenze e poche affinità. Oltre ad una serie di complessi problemi di natura politica e sistematica – che non sono solo numerici -, a mio giudizio il comma 687 contiene anche un profilo di incostituzionalità in relazione all’art. 39 della Costituzione. Nel momento in cui l’art. 40, comma 2 del d.lgs. 165/2001 affida ad “appositi accordi tra l’ARAN e le Confederazioni rappresentative” la competenza a definire i comparti di contrattazione, il contratto quadro viene elevato a rango di fonte primaria per l’articolazione dei comparti con la conseguenza che ARAN e Confederazioni sindacali sono libere di adottare le determinazioni che scaturiscono dalla trattativa e solo da quella, con l’unico vincolo della individuazione di quattro comparti al massimo; il dettato della legge riguarda, dunque, il vincolo quantitativo (appunto massimo quattro comparti e aree dirigenziali) ma nulla dice rispetto ai criteri qualitativi dell’accordo, lasciando pertanto totalmente libere le controparti di aggregare o disaggregare gli ex comparti nel modo ritenuto di reciproca convenienza. La contrattazione è stata invece completamente blindata ed eterodiretta dal comma più volte ricordato con una evidente violazione della libertà sindacale. Tra l’altro le parti si erano già espresse “liberamente” il 13 luglio 2016 e sempre “liberamente” avrebbero potuto modificare il CCNQ in qualsiasi momento di questi quasi cinque anni. Qualsiasi intromissione – compresa una norma legislativa come il comma 687 – che forzasse tale libertà negoziale violerebbe il principio della libera organizzazione sindacale sancito nell’art. 39.
    La soluzione più logica e di buon senso era quella di scindere il testo del CCNQ in due parti pervenendo ad una rapida chiusura per i Comparti e prendendo una pausa di riflessione per le Aree dirigenziali; in tal modo il percorso per i quattro comparti dei livelli potrebbe iniziare subito, tenuto anche conto che il Ministro Brunetta ha già diramato l’Atto di indirizzo generale per tutti i Comitati di Settore – la cosiddetta “direttiva-madre”. E così è stato fatto perché l’art. 7 della Preintesa afferma al comma 2 che: “La composizione delle Aree di cui al comma 1 verrà definita in apposita successiva sessione negoziale, che dovrà concludersi entro 3 mesi dalla sottoscrizione del presente contratto”. Ma ora che il comma 687 è rimasto intatto cosa accadrà alla ripresa delle trattative? E se le tredici Confederazioni interessate non intendessero sottoscrivere l’Accordo, cosa succederebbe, visto che tre non hanno firmato la Ipotesi del 15 aprile?
    Chi è stato contrario all’emendamento e cosa si temeva? La favoletta della estraneità alla materia non regge, con quelli che si vede in continuazione, anche nella conversione dello stesso DL 44. Potrebbe essere stata la solita pregiudiziale e immotivata opposizione del MEF che teme incrementi di spesa dovunque ma la conseguenza sarà che il prossimo CCNL dei dirigenti professionali, tecnici e amministrativi sarà negoziato soltanto dai sindacati medici in una modalità che non solo costituisce una vera prevaricazione ma, come detto, potrebbe avere anche profili di illegittimità costituzionale.

    di Stefano Simonetti dal Sole 24 Ore Sanità
  • 02 Giugno 2021

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