AUMENTI NAZIONALI FUORI DAL TETTO AL FONDO DECENTRATO

Finalmente risolto il problema legato all'esclusione degli aumenti stabiliti dal contratto nazionale dai tetti di spesa del fondo decentrato, per cui non sarà più necessario attendere l'approvazione del disegno di legge «concretezza»

Non ci sarà bisogno di aspettare l’approvazione del disegno di legge «concretezza» per escludere dai tetti di spesa del fondo decentrato gli aumenti stabiliti dal contratto nazionale. Il via libera è arrivato dalla sezione Autonomie della Corte dei conti, che nella delibera 19/2018 diffusa ieri ribadisce un concetto fondamentale per la gestione della spesa di personale: gli aumenti stabiliti a livello nazionale non possono finire per tagliare altre voci per rispettare un vincolo complessivo di spesa.

Incroci (pericolosi) di regole 
Il problema nasce da un incrocio sfortunato tra l’articolo 67 del nuovo contratto nazionale e il limite complessivo fissato dall’articolo 23, comma 2 della riforma Madia del pubblico impiego (decreto legislativo 75/2017). Il primo fa confluire in un unico fondo consolidato anche le risorse per le progressioni economiche e quelle che hanno finanziato le quote di indennità di comparto (comma 1), e prevede dal 2019 un aumento da 83,2 euro pro capite collegato alle posizioni economiche di ciascuna categoria. Il secondo chiede invece al fondo decentrato di non superare il livello complessivo raggiunto nel 2016.

Effetti collaterali
L’effetto combinato di queste due misure ha determinato il problema: perché se il totale deve rimanere quello del 2016, quando non c’erano gli aumenti, le nuove disposizioni del contratto nazionale finirebbero per tagliare le risorse alle altre voci finanziate con il decentrato, per esempio le indennità di turno e di disagio oltre ai soldi per la produttività individuale e collettiva. La questione era emersa subito dopo la firma del contratto, e aveva portato a metterci una pezza con una dichiarazione integrativa (la numero 5) analoga a quella già prevista dal contratto per le Funzioni centrali proprio con l’obiettivo di svincolare gli aumenti nazionali dai tetti di spesa.

Battaglia in Corte dei conti
Il tutto era stato registrato dalle sezioni Riunite della Corte dei conti, ma questo non era bastato alle sezioni regionali della stessa Corte che avevano escluso la possibilità di deroga: una dichiarazione congiunta, avevano motivato, non può valere più di una norma di finanza pubblica come l’articolo 23, comma 2 del decreto legislativo 75/2017. Nel tentativo di risolvere il problema è intervenuta anche la Funzione pubblica, preparando una norma interpretativa che però è finita in un disegno di legge, quello etichettato «concretezza», che però ha tempi troppo lunghi di approvazione per essere davvero efficace (lo stesso problema si ripete per la norma che prova a risolvere il nodo degli arretrati sui buoni pasto). Ma la della sezione Autonomie, ora, permette di agire senza aspettare l’approvazione della legge

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