SIMONETTI: TUTTI I PERCHE' LA DIRIGENZA PTA DEL SSN DEVE RESTARE NELL'AREA FUNZIONI LOCALI



A fronte di ritardi senza precedenti e assolutamente intollerabili sul rinnovo contrattuale della dirigenza tecnico-amministrativa  che fa capo all' AREA FUNZIONI LOCALI, a partire dall'assenza ancor oggi dell'Atto di indirizzo dei Comitati di settore Regioni-Sanità ed Enti locali per l'avvio delle trattative sul CCNL 2016-2018, e dentro il bailamme di voci, scatenato da soggetti del tutto incompetenti o al più in malafede, che circolano sul destino presente e futuro della dirigenza dei ruoli PTA  del SSN, esce finalmente un contributo autorevole di uno dei massimi (ed indipendenti)  esperti nazionali della contrattazione della P.A., Stefano Simonetti 

(v. articolo del Sole 24 ore Sanità del 22/11/2018 allegato e riportato per esteso appresso)  che, da un punto di vista strettamente normativo,  fa finalmente chiarezza sulla vicenda e spiega con coerenza e precisione perchè la dirigenza dei ruoli PTA sta benissimo nell'AREA FUNZIONI LOCALI mentre starebbe malissimo nell'AREA SANITA'.

 

 
 

    • 22 Nov 2018
    • Rinnovi, la dirigenza Pta ancora orfana di contratto


di Stefano Simonetti

  • La situazione dei rinnovi contrattuali del personale della Sanità è attualmente piuttosto diversificata. Il contratto collettivo del Comparto è stato sottoscritto il 21 maggio scorso mentre le trattative per quello della dirigenza sanitaria stanno incontrando difficoltà di ogni genere, tanto da prevedere un nuovo sciopero il 23 novembre.

    Ma c’è la terza componente del personale del Servizio sanitario per la quale non si ha addirittura alcuna notizia. Si tratta della dirigenza dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo che ricomprende numerosi profili articolati nei tre ruoli citati: ingegneri, architetti, avvocati, geologi (ruolo professionale), sociologi, analisti, statistici (ruolo tecnico), amministrativi (ruolo amministrativo). È vero che sono pochi, non hanno un camice bianco e non svolgono assistenza diretta ma la loro rilevanza è inversamente proporzionale al numero. Le funzioni che svolgono coprono tutte le maggiori aree strategiche delle aziende sanitarie dalla gestione del personale alla contabilità, dagli appalti alle opere pubbliche, per non parlare dell’ingegneria clinica. Lavorano sugli aspetti strutturalmente più deboli delle aziende, quelli sui quali esiste un accanimento del legislatore ad imporre sempre più vincoli e complicazioni. La abusata e scorretta definizione “funzioni di supporto” non rende giustizia a soggetti che concorrono alla pari di tutti gli altri a realizzare la missione aziendale e non è raro che costituiscano a volte l’unico presidio di rispetto della legalità presente nel sistema.

    Si tratta di circa 5.000 dirigenti nei confronti dei quali negli ultimi anni si sono prospettate modifiche istituzionali importanti e sostanziali sia a livello di contrattazione collettiva, sia come inquadramento ordinamentale. A quest’ultimo proposito è noto che la legge 124/2015 aveva delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo per istituire un ruolo unico con i dirigenti regionali e ridefinire in modo totale gli aspetti del reclutamento, degli incarichi, del trattamento economico e delle responsabilità. La sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016 ha però inciso profondamente sull’iter di approvazione del decreto delegato che era stato adottato dal Governo il 24 novembre, proprio il giorno prima di quello del deposito della pronuncia di cui sopra.
    Se fosse passata la riforma costituzionale con il referendum del 4 dicembre 2016 il Governo avrebbe certamente adottato in via definitiva il decreto delegato sulla dirigenza pubblica. Invece, come è noto, lo stop imposto dalla Corte costituzionale alla cosiddetta Riforma Madia ha lasciato irrisolta la delega di cui all’art. 11 della legge 124/2015 che riguardava, appunto, la dirigenza pubblica.

    Tra i tanti aspetti che non hanno trovato definizione c’è ovviamente quello del ruolo unico regionale nel quale sarebbero dovuti confluire i dirigenti dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo della sanità insieme ai dirigenti regionali. I tre ruoli (statale, regionale, locale) sarebbero stati costituiti da soggetti cui veniva attribuito il nuovo titolo di “dirigente della Repubblica”. La inclusione nel ruolo regionale appariva allora del tutto coerente con le parallele vicende della contrattazione collettiva che con il Ccnq del 13 luglio 2016 ha introdotto notevoli differenziazioni rispetto al passato. Infatti è stata creata un’area negoziale per la dirigenza sanitaria del S.s.n. (art. 7, area D della Sanità) che ricomprende la ex Area IV (medici e veterinari) e parte della ex Area III (biologi, chimici, fisici, psicologi, farmacisti cui si sono aggiunti i dirigenti delle nuove professioni sanitarie). In realtà il decreto Brunetta (art. 54 del decreto 150 del 2009 che novellava il secondo comma dell’art. 40 del d.lgs. 165/2001) fin dal 2009 prevede per la dirigenza sanitaria una “apposita sezione contrattuale di un’Area dirigenziale”. Il disallineamento che si rilevava tra legge e contratto quadro è stato successivamente sanato in via postuma dal decreto delegato ex art. 17. L’art. 11 del d.lgs. 75/2017 ha infatti aggiunto all’art. 40 del decreto 165 le parole “area o” prima di “sezione contrattuale”. In buona sostanza, la sezione – che, in ogni caso, non si comprendeva cosa fosse in termini pratici – è stata “promossa” ad area e ciò senza che la legge delega prevedesse nulla in materia. Riguardo alla terza componente della dirigenza del S.s.n. venne creata con il Ccnq una nuova “Area delle funzioni locali” (area B dello stesso art. 7) nella quale sono presenti i dirigenti Pta della sanità unitamente ai dirigenti regionali, a quelli degli enti locali nonché ai segretari comunali e provinciali.
    Si è detto che il ruolo unico regionale era “coerente” con le scelte negoziali; ciò tuttavia non comporta che i due aspetti siano inscindibilmente legati. La fonte normativa per la definizione dei comparti è la contrattazione collettiva che in tal senso è sovrana ai sensi dell’art. 40, comma 2 novellato del d.lgs. 165/2001. Le parti, dopo lunghe e complesse trattative, hanno deciso per l’assetto risultante dal contratto del 13 luglio e la determinazione è assolutamente legittima e non può essere messa in discussione a causa di eventi estranei alla negoziazione.

    Al di là dell’aspetto giuridico, sul piano concreto proviamo ad ipotizzare una soluzione alternativa che, in ogni caso, potrebbe discendere solo da una modifica formale del contratto quadro vigente. È di tutta evidenza che l’unica possibile via di uscita sarebbe quella di una sola area contrattuale per tutta la dirigenza del Ssn. Tale soluzione, tuttavia, sarebbe fortemente in contrasto con gli stessi contenuti del citato art. 40, oltre che con il buon senso. Per completezza va ricordato che la configurazione unica dovrebbe essere un capitolo chiuso poiché è stato di fatto rigettato il progetto dei sindacati confederali che il 22 febbraio 2016 avevano richiesto alla Ministra della Salute – che, peraltro, non ha competenza nella materia - un’area contrattuale unica. Se cinque mesi dopo tale richiesta le tre confederazioni hanno firmato il contratto quadro sui comparti non c’è davvero ragione per rivedere la scelta. Per inciso, nella Area dirigenziale B sono collocati anche i dirigenti degli enti locali e i segretari comunali e provinciali che nell’ipotesi Madia costituivano un altro e ben distinto ruolo, a conferma del fatto che la delega ex lege 124 e le scelte negoziali viaggiano su corsie indipendenti.
    Considerato che il conglobamento dei dirigenti sanitari era annunciato da anni, in realtà l’unica modificazione riguarda la dirigenza Pta (professionale, tecnica e amministrativa) che abbandona la ex Area III, nella quale si trovava assieme alla dirigenza sanitaria non medica, per confluire nella nuova “Area delle Funzioni locali” unitamente ai colleghi delle Autonomie. Si può ritenere che tale nuova configurazione della dirigenza Pta sia la più logica e apra nuovi scenari alla categoria, finalmente affrancata da un tavolo negoziale anomalo - quello con i sanitari non medici - rispetto al quale le divergenze e le specificità rispetto alla dirigenza sanitaria erano evidenti. Era diversa la modalità di reclutamento, erano diversi i titoli di studio richiesti, erano disciplinati istituti quali la libera professione, l’Ecm, il lavoro straordinario, la pronta disponibilità che riguardavano soltanto una parte della dirigenza della ex Area III, cioè quella sanitaria. Infine quest’ultima ha la propria fonte normativa nell’art. 15 del d.lgs. 502/1992, norma legislativa assolutamente estranea alla dirigenza Pta. 

    Tuttavia l’accorpamento con i colleghi regionali e locali se da un lato ripara ad una anomalia durata 15 anni (il ricordato connubio con biologi, chimici, fisici, farmacisti e psicologi che avevano caratteristiche e problematiche del tutto diverse dai dirigenti PTA) dall’altro evidenzia in modo chiaro che le tre componenti della nuova Area negoziale (sanità – Regioni - ee.ll.) devono essere, per caratteristiche e funzioni, assimilabili fino a creare una figura di dirigente che possa favorire lo l’interscambiabilità tra amministrazioni e comparti.
    Lo scorso anno le Regioni presentarono un emendamento alla legge di Bilancio per il 2018 con il quale si prevedeva che i dirigenti Pta “confluiscono in una apposita sezione dell’area dirigenziale del comparto sanità”. Tale passaggio si rendeva necessario – secondo i proponenti - a seguito del mancato esercizio della delega prevista all’art. 11 della legge Madia. Non è affatto così perché le motivazioni della nascita dell’Area delle funzioni locali, come già detto, prescindevano dall’esito della riforma Madia: la destinazione elettiva dei dirigenti PTA è quella con i colleghi delle autonomie per omogeneità di funzioni, per istituti comuni e per la consolidata cultura amministrativa comune.
    Oggi, in prossimità dell’approvazione della legge di Bilancio 2019, non è escluso che il tentativo venga ripetuto e tra le motivazioni potrebbe rientrare una presunta necessità di uniformità e omogeneità contrattuale per l’intera dirigenza del S.s.n.. Tuttavia tale omologazione è davvero pretestuosa perché, ad esempio, tutta la dirigenza sanitaria gode di una finta esclusività del rapporto di lavoro e ha diritto alla libera professione e, addirittura, a specifiche indennità negate alla componente Pta. Un altro fattore portato a sostegno della riunificazione sembra essere la circostanza che il sistema degli incarichi della Sanità non può adeguarsi a quello delle regioni e degli enti locali perché alla dirigenza Pta sono attribuibili incarichi ad accesso multicategoriale e se il sistema degli incarichi fosse disciplinato in due contratti diversi gli incarichi stessi non sarebbero più contendibili dai sanitari.

    A tale proposito occorre fare chiarezza. Innanzitutto questi incarichi ad accesso cosiddetto multicategoriale non sono previsti nell’ordinamento e possono a buon diritto considerarsi estranei al quadro normativo vigente che, nello specifico, prevede soltanto l’ipotesi disciplinata dall’art. 57 del Dpr 483/1997 il quale tratta dei concorsi con accesso riservato a più categorie professionali. Ma il campo di applicazione è tutt’altro: riguarda, ad esempio, la Salute mentale dove possono accede psichiatri e psicologi ovvero i Laboratori di analisi per patologi clinici e biologi. Se, al contrario, si pensa a strutture e funzioni tipicamente appartenenti alla line amministrativa benché di staff (controllo di gestione, relazioni sindacali, formazione, relazioni esterne, sistemi informativi, ecc.) allora la questione si complica e va detto con fermezza che si sta parlando di situazioni assolutamente anomale, se non illegittime. La circostanza che strutture quali quelle sopra ricordate siano spesso assegnate a dirigenti sanitari non è importante riguardo alle motivazioni: le direzioni aziendali possono ovviamente decidere in modo discrezionale di cooptare sanitari di fiducia e costoro possono scegliere di svolgere funzioni improprie rispetto alla loro professionalità. Le ragioni possono risiedere nella volontà di ricollocare personale sanitario perdente struttura o favorire soggetti che per motivi personali intendono abbandonare le funzioni clinico assistenziali; si possono anche ammettere le amicizie personali o la comunanza politica. Non è questo il punto. La questione è che il personale sanitario viene assunto per l’attività di erogazione diretta dei Lea, secondo le proprie professionalità, e per questo percepisce specifiche indennità. Inoltre l’allontanamento dalle funzioni assistenziali comporta costi aggiuntivi ingiustificati perché il personale sottratto all’assistenza va ovviamente sostituto. Tale prassi potrebbe, infine, costituire una indebita percezione di indennità contrattuali che sono riservate ai soggetti che svolgono attività assistenziale diretta (indennità di specificità medica, indennità di esclusività, rischio radiologico, indennità professionale per gli infermieri). Ambedue le circostanze segnalate sono di sicuro interesse per le Procure della Corte dei Conti. 
    Come può, dunque, essere questa la ragione della riunificazione contrattuale ed elevare a regola istituzionale quella che deve essere considerata una eccezione di dubbia regolarità ? Non si può allora che concludere con l’auspicio che l’Area dirigenziale delle funzioni locali resti così come è stata delineata dal Ccnq del 2016 e che, naturalmente, il contratto collettivo possa arrivare presto.



Da un punto di vista più strettamente sindacale non possiamo esimerci dal completare il quadro delineato da Stefano Simonetti per rappresentare ancora una volta che:
- nell'Area Sanità per essere rappresentativi occorrono più di 4.000 iscritti (cioè il 5% di 80.000 sindacalizzati visto che quell'area rappresenta ben 130.000 dirigenti sanitari medici e non medici). I dirigenti dei ruoli PTA in servizio sono meno di 5.000 ed i sindacalizzati non più di 2000. Ai PTA verrebbe negata dunque una loro rappresentanza sindacale  autonoma quando invece ai sindacati della dirigenza statale, locale  e regionale con 150 iscritti è consentito l'accesso ai tavoli di contrattazione nazionale e decentrata   
- pertanto la gestione dei fondi della dirigenza PTA (posizione e risultato)  nonchè la fissazione delle regole per la graduazione ed attribuzione degli incarichi della dirigenza PTA verrebbe in toto demandata ai dirigenti medici e sanitari, con le immaginabili conseguenze
- vent'anni di convivenza con la dirigenza sanitaria non medica nell'AREA III SPTA di contrattazione non solo non ci ha fatto guadagnare nulla in più che avessero i dirigenti sanitari (in primis l'indennità di rapporto esclusivo pur essendo i PTA i  soli dirigenti veramente obbligati all'unicità di rapporto), ma ha visto il trasferimento di ingenti risorse - perfino degli aumenti del tabellare -  dai PTA ai Sanitari non medici (solo all'ultimo CCNL 6/5/2010 con parte delle  risorse dei PTA sono stati di fatto finanziati gli aumenti dell'indennità rapporto esclusivo dei sanitari)
-  una categoria come la dirigenza PTA, già relegata a funzioni di mero supporto, verrebbe prIvata totalmente di ogni dignità, anche sindacale.

Tutti questi motivi non possono che portare al netto rifiuto  sia di una sezione separata della dirigenza PTA all'interno dell'AREA FUNZIONI LOCALI che della ricollocazione dei dirigenti PTA nell'AREA SANITA'. 
Al contrario la nuova Area deve rappresentare una opportunità per:armonizzare, con i dirigenti regionali e degli enti locali,  istituti contrattuali quali:
- una sola ed identica retribuzione di posizione minima contrattuale 
- il superamento delle 38 ore settimanali, istituto tutto legato alle esigenze turnistiche dei sanitari 
-  la valutazione di tutta la retribuzione di posizione  in liquidazione
- lo snellimento della busta paga, oggi inquinata da mille voci stipendiali incomprensibili nate per venire incontro alla necessità di minimi contrattuali fuori dalle logiche stipendiali dei PTA
- la mobilità facile all'interno dell'Area 
- il trattamento economico degli avvocati  
- un sistema più coerente  degli incarichi 

 
Elisa Petrone e Samuel Dal Gesso 
Segretario Generale e Segretario Generale Aggiunto 
FEDIRETS sez FEDIR (già FEDIR SANITA')
 Federazione Dirigenti e Direttivi Enti Territoriali e Sanità
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