Questo il contenuto della lettera scritta il 6 settembre alla Conferenza delle Regioni sullo schema di decerto legislativo licenziato dal governo il 24 agosto scorso:
"Lo schema di d.lgs contiene numerose e pesanti violazioni della legge delega, gravemente lesive dello status dirigenziale e della già residua autonomia dirigenziale che vanno ad incidere irreparabilmente sul principio della separazione fra indirizzo politico e gestione già fortemente compromesso e mai attuato in pieno da oltre 20 anni (e cioè dalla privatizzazione del rapporto d’impiego); prima fra tutte la norma sulla responsabilità dirigenziale che coinvolge tutte le attività, anche quelle poste in essere in esecuzione di atti di indirizzo politico, ponendo totalmente nel nulla l’autonomia gestionale amministrativa della dirigenza pubblica .
Invero la attuale riforma della dirigenza, pensata in realtà per uniformare principalmente l’amministrazione dei Ministeri, rischia anche di introdurre pesanti lesioni nel mondo delle autonomie locali che non appaiono coerenti con il vigente quadro normativo, né tanto meno efficaci da un punto di vista dell'organizzazione.
Nello specifico l’accentramento sotto il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, di tutti i concorsi per l’accesso risulta fortemente limitativo dell’autonomia degli Enti e preclusivo per i percorsi di carriera dei dipendenti interni.
Il ruolo unico dei dirigenti regionali, non autogestito dalle Regioni, ma organizzato sempre sotto il medesimo Dipartimento per la Funziona Pubblica contrasta con il potere ordinamentale riconosciuto costituzionalmente .
Tutto il meccanismo per garantire la correttezza nelle modalità di affidamento degli incarichi dirigenziali affidato alle tre Commissione non potrà operare in maniera efficace ed indipendente considerato che:
1) tutte e tre le Commissioni sono composte dalle stesse 5 persone (Presidente ANAC, Presidente dei Rettori, Ragioniere Generale dello Stato ecc ) che oltre a dover far fronte agli impegni – si presume già alquanto gravosi – del proprio incarico, senza ulteriori compensi, dovranno fissare i criteri di scelta, selezionare tutti i dirigenti pubblici apicali e verificare tutti gli altri incarichi dirigenziali (20.000) in tempi strettissimi, verificare i sistemi di valutazione di tutte le P.A. e così via;
2) i 5 membri sono componenti di diritto – e non selezionati come stabilisce la delega - e sono permanenti senza neanche possibilità di delega; l'incarico in base al quale accedono alle Commissioni è sostanzialmente di nomina politica del Governo. Anche gli ulteriori due membri (con requisiti di professionalità diversi a seconda di ciascun ruolo) sono nominati dalla Presidenza del Consiglio. Non c’è dunque alcuna autonomia né selezione né terzietà di tali componenti mentre sicuramente c’è lo spossessamento dell’autonomia legislativamente prevista per Regioni ed Enti Locali.
Paradossalmente hanno più libertà le Autorità indipendenti nell’organizzare il ruolo dei propri dirigenti, che gli Enti la cui autonomia è costituzionalmente garantita!
Uno dei punti più critici della riforma è la disciplina dei dirigenti senza incarico: la norma, di fatto introduce quindi un meccanismo generalizzato di “spoils system”, con cessazione automatica, ex lege, degli incarichi dirigenziali, al termine di scadenza, in assenza di qualsivoglia valutazione negativa, in assenza di motivazione e senza alcuna garanzia procedimentale, tale da ledere il principio di continuità amministrativa, imparzialità e buon andamento della P.A. (artt. 3 e 97 Cost.) e da introdurre un significativo condizionamento della politica sulla dirigenza in contrasto con il principio per cui i dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione (art. 98 Cost.). Inoltre il meccanismo pensato attraverso il quale dopo due anni il Dipartimento della Funzione pubblica provvede a collocare i dirigenti privi di incarico presso le amministrazioni dove risultano posti disponibili appare di difficile attuazione presso le amministrazioni regionali e locali. Forse il solo modo per prevenire l’illegittimità segnalata e inevitabili contenziosi, in questo caso, è dato dal mancato esercizio della delega in parte qua.
Ma ci sono molti altri lati oscuri e punti interrogativi:
- Come si fa a regolamentare in maniera indistinta (art. 7) pesantemente le conseguenze per il dirigente che resta senza incarico senza differenziare le varie situazioni? Mentre infatti per gli uffici statali le riorganizzazioni sono previste per legge (e quindi hanno tempi anche lunghi e criteri certi), per gli altri enti pubblici basta un semplice provvedimento amministrativo dell’organo di vertice. La realtà dei fatti (basta fare un giro sui siti degli enti) dimostra non solo che regioni, comuni e aziende sanitarie procedono a riorganizzazioni a getto continuo (il che peraltro fa prevedere come sostanzialmente impossibile la adeguata tenuta da parte del solo Dipartimento della Funzione Pubblica della gestione di tutti i Ruoli e dell’albo degli uffici dirigenziali di tutte le pubbliche amministrazioni sancita dall’art 2 del decreto); in questo momento per effetto delle continue riorganizzazioni l’80% dei dirigenti (soprattutto in sanità) è privo di incarico perché in proroga e spesso – in funzione di spoils system – gli incarichi disponibili sono attribuiti in aggiunta a chi è già titolare di un proprio incarico, anziché ai dirigenti privi di incarico;
- Come si fa ad imporre a tutti i dirigenti il criterio della rotazione degli incarichi senza tener conto che spostare l’unico dirigente dell’ufficio in assenza di effettivi e riscontrati fatti corruttivi significa privare due uffici del dirigente provvisto di adeguata competenza?
Rimane la possibilità di assumere dirigenti esterni a tempo determinato, ma essa viene delineata come totalmente svincolata dalla presenza nei ruoli di dirigenti senza incarico e questo con duplicazione di spesa lasciando aperta la possibilità di responsabilità erariale anche in termini di ricadute di fronte alla Corte dei Conti.
Anche le norme sul trattamento economico appaiono irrazionali perchè pensate avendo a riferimento il solo modello statale. I dati del conto annuale 2014 dichiarano l’enorme divario dei livelli retributivi fra dirigenza statale e dirigenza non statale e considerato che il trattamento fondamentale di tutta la dirigenza pubblica è pari a 43.000 euro annui circa (solo i dirigenti di I fascia sono a €. 55.000 circa) è evidente come si riveli penalizzante per i dirigenti non statali la norma dell’art. 8 del decreto secondo cui il trattamento fondamentale non deve essere superiore al 50% del trattamento accessorio. Tale disposizione, combinata con l’altra (sempre dell’art. 8) secondo la quale finchè tale proporzione non sarà raggiunta i CCNL non potranno prevedere aumenti del trattamento fondamentale, risulta particolarmente penalizzante soprattutto per coloro che rimanendo senza incarico percepiranno (come prevede l’art. 7 del decreto) il solo trattamento fondamentale.
Fermo restando che senza incrementi delle risorse destinate al rinnovo del CCNL nessuna norma sul trattamento economico potrà essere attuata, è necessario che ogni misura stipendiale sia espunta dal decreto e rinviata nella giusta sede di contrattazione nazionale e decentrata in base agli indirizzi che ogni Comitato di Settore vorrà impartire. Solo così si potrà pensare seriamente di eliminare la attuale giungla retributiva .
E’ evidente che senza i corretti presupposti –sistema oggettivo di valutazione; criteri di conferimento incarichi; commissione imparziale; retribuzioni omogenee a parità di funzioni – la riforma sa tanto di precarizzazione iniqua e di lottizzazione.
La dirigenza che rappresentiamo vuole essere valutata con giustizia e competenza, vuole percorsi di carriera per i migliori e prospettive di crescita professionale, vuole lavorare e fare quello per cui ha studiato ed è stata selezionata con un concorso pubblico ed auspica che sia tutelata dall’ente presso cui presta servizio."
A seguito della lettera Fedir Sanità sarà convocata dal vice Presidente Viscomi per essere audita.
Intanto Fedir Sanità approntando gli emendamenti da produrre in tutte le sedi istituzionali.